Milano,
Veronesi e Sirchia sulla stessa lunghezza d’onda
Una
“road map” per scienza e politica
Una
“Camera Alta” nazionale ed europea di studiosi potrebbe risolvere il
conflitto tra scienza, tecnologia e politica
di
Guido F. Guida
“Certe
linee di ricerca possono andare verso obiettivi eticamente inaccettabili” ha
dichiarato Umberto Veronesi, ex ministro della sanità, durante la lectio
doctoralis da
lui tenuta il 19 maggio 2003 in occasione del conferimento della laurea honoris
causa in biotecnologie mediche dall’Università di Milano.
La
soluzione al problema, a suo dire, potrebbe venire da una “Camera Alta”
nazionale ed europea costituita da un consesso permanente di scienziati,
filosofi e teologi indipendenti, che ben conoscendo gli sviluppi pratici, etici
e filosofici delle scoperte della scienza, potrebbero indicare ai governi i
limiti entro cui disegnare l’evoluzione futura della nostra civiltà.
Il
professor Veronesi si occupa di
etica della scienza fin dal 1971 e fa parte di quella corrente pensiero del
mondo scientifico di cui fa parte anche il ministro della salute Prof. Sirchia
che propugna un ruolo attivo di consulenza e di indirizzo dello scienziato
all’interno della società tecnologica.
Dalla
metà del secolo scorso si sono realizzati nel mondo, soprattutto nella società
occidentale, cambiamenti impensati e sconvolgenti.
Utilizziamo
l’energia nucleare e l’uomo è andato sulla luna. L’era digitale ha
profondamente modificato il mondo delle telecomunicazioni.
Umts,
wap, gpr, transgenico sono alcune delle parole non sempre comprensibili che
costantemente leggiamo sui giornali e sui manifesti pubblicitari.
I
Raeliani annunciano l’avvenuta clonazione dell’uomo ed indicano programmi
rivoluzionari. Sarà vero? Poco importa, poiché l’attuale tecnologia potrebbe
consentirlo causando imprevedibili sconvolgimenti morali e sociali.
Il
biologo Craig Venter titolare della Celera Genomics ha recentemente decodificato
la mappa genetica dell’uomo. E’ una pietra miliare per le scienze biomediche,
ma se da una parte questa scoperta apre la porta alla diagnosi, terapia e
prevenzione di moltissime malattie, dall’altra ragionevolmente si paventano
implicazioni negative per la privacy e possibili discriminazioni sociali.
E
poi, a proposito di inquinamento, sono stati mai compiuti studi seri ed
indipendenti finanziati da enti morali, sugli effetti dell’elettrosmog sulla
salute dell’uomo?
E
ancora, perché non viene proposto un razionale ed attivo utilizzo degli
oppioidi per lenire il dolore in soggetti affetti da malattie incurabili come
quelle tumorali?
Tanti
interrogativi, tante situazioni controverse. E’ la società tecnologica del
nostro tempo motore incontrastato dell’economia.
E
poiché l’economia è sempre più legata alla politica, può la politica
controllare ed indirizzare la tecnologia senza adeguata competenza scientifica e
morale?
E’
questo l’interrogativo che dobbiamo porci e la preoccupazione espressa dal
professor Veronesi nel corso della sua conferenza.
Occorrono
regole e leggi e la tecnologia deve riassumere il ruolo di strumento e non di
fine della scienza.
La
scienza non va condannata, ma va considerata con ottimismo. Essa ha grandi
potenzialità che vanno indirizzate secondo codici morali condivisi e poiché
non tutto è chiaro le soluzioni, come sempre, vanno ricercate con costanza ed
impegno.
Da
qui la proposta, ripresa da Veronesi, di una “Camera Alta” in ogni paese ed
in Europa che vuole essere soprattutto una esortazione al confronto non solo per
le istituzioni ma anche per lo scienziato.
Lo
scienziato deve uscire dal limbo del proprio laboratorio e – dice sempre
Veronesi - “la consapevolezza della ricaduta delle sue ricerche deve essere
per lui non solo un obbligo etico, ma anche un obbligo intellettuale e
scientifico”.
Ma
deve anche essere uno scienziato onesto che non sia tentato, da interessi
personali o di lobby, di influenzare artatamente l’opinione pubblica ed i
policy maker.
Diceva
Thomas Jefferson a proposito della soluzione dei problemi legati all’esercizio
del potere politico “Il rimedio non consiste nel rimuovere l’esercizio di
quel potere, ma nell’informare meglio il suo giudizio”
Non
conflittualità quindi tra politica e scienza, ma collaborazione nell’ambito
di diverse prerogative e competenze.
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